Nuovo test tossicologico sul corpo di Laura Papadia

Spoleto, omicidio Papadia: nuove prove da cellulari e PC

Si indaga se la donna fu stordita prima dell’omicidio

La procura ha ordinato un nuovo esame tossicologico su campioni biologici prelevati dal corpo di Laura Papadia, la 36enne uccisa lo scorso 26 marzo nella sua abitazione in via Porta Fuga a Spoleto. L’indagato, Nicola Gianluca Romita, 47 anni, ha già confessato di aver strangolato la moglie con una mantella di pile durante un violento litigio, ma gli inquirenti vogliono verificare se ci siano elementi che possano aggravare la sua posizione, come la premeditazione o l’eventuale uso di sostanze per alterare lo stato di coscienza della vittima.

Il nuovo accertamento è stato affidato al tossicologo Andrea Lazzarini, che dovrà stabilire se, prima della colluttazione culminata nel delitto, la donna sia stata in qualche modo stordita o resa inabile alla difesa. Il sospetto nasce anche dal racconto dello stesso Romita, che ha riferito di aver bevuto con la moglie una quantità significativa di vino, elemento che potrebbe diventare cruciale nell’analisi degli eventi e nel determinare se vi sia stata o meno una volontà anticipata di uccidere.

Sulla scena dell’omicidio, secondo la ricostruzione dell’autopsia effettuata da Massimo Lancia ed Eleonora Mezzetti, sono stati raccolti campioni e reperti ora al vaglio per la nuova analisi. A esaminare i risultati, insieme al perito incaricato dalla procura, sarà anche Maria Chiara David, tossicologa nominata dall’associazione “Per Marta e per tutte Ets”, costituita parte civile nel procedimento. L’ente, da tempo impegnato nella tutela delle vittime di violenza di genere, è rappresentato dall’avvocato Emilio Malaspina, del foro di Roma.

Il procedimento investigativo, tuttora aperto, mira a chiarire tutti gli aspetti ancora oscuri del caso. In particolare, resta da accertare se la lite tra i coniugi sia stata effettivamente un’escalation improvvisa o se l’azione omicida sia stata pianificata, come suggeriscono alcune incongruenze tra la versione fornita da Romita e quella dei familiari della vittima. Questi ultimi, rappresentati dagli avvocati Filippo Teglia e Andrea Palazzi, sostengono che Laura Papadia stesse maturando la decisione di lasciare il marito, anche a seguito di frequenti tensioni legate alla possibilità di avere un figlio.

Romita avrebbe infatti manifestato un deciso rifiuto all’idea di diventare nuovamente padre, dopo aver avuto due figli da precedenti relazioni. Di contro, Laura pare volesse ardentemente una gravidanza, come dimostrerebbero almeno due test eseguiti nei mesi precedenti alla sua morte. Sull’eventualità che fosse incinta al momento dell’omicidio è attesa una conferma definitiva dalle analisi già effettuate in sede autoptica.

Il legale dell’indagato, Luca Maori, ha sostenuto l’assenza di volontà omicida da parte del suo assistito, puntando a una possibile qualificazione del reato come omicidio preterintenzionale. Tuttavia, la procura guidata dal procuratore capo Claudio Cicchella e dal sostituto Alessandro Tana intende vagliare con estrema attenzione ogni possibile aggravante, anche alla luce del contesto relazionale teso e delle possibili divergenze emerse nella coppia.

La posizione dei familiari della vittima si distanzia nettamente dalla narrazione dell’uomo. Secondo il padre Maurizio Papadia, il fratello Alexander e altri parenti stretti, Laura aveva subito un progressivo isolamento da parte del marito, che sempre più spesso si rifugiava nella casa di famiglia a Marzocca di Senigallia, lasciandola sola e turbata. Le tensioni sarebbero poi sfociate in una rottura insanabile, culminata con la volontà di separazione che Laura avrebbe iniziato a manifestare con determinazione.

Il quadro accusatorio potrebbe subire ulteriori sviluppi in base agli esiti dell’esame tossicologico supplementare. In particolare, se dovesse emergere che la donna era stata resa incosciente o inibita nel difendersi al momento dell’aggressione, si aprirebbe la strada a una contestazione di premeditazione, aggravando in modo significativo la posizione processuale di Romita.

Intanto, le indagini proseguono senza sosta. Gli inquirenti si concentrano su ogni elemento utile per ricostruire con precisione quanto avvenuto nelle ore precedenti all’omicidio. Lo stesso interrogatorio dell’uomo ha fornito alcuni dettagli contraddittori, tra cui il riferimento alla condivisione di una “bottiglia e mezza di vino”, fatto che potrebbe influire sulle valutazioni circa la lucidità della vittima al momento dei fatti.

Gli sviluppi attesi nelle prossime settimane, con la conclusione degli esami affidati al dottor Lazzarini e alla dottoressa David, saranno determinanti per definire l’impianto accusatorio e la natura delle eventuali aggravanti. Solo dopo la valutazione di questi nuovi elementi, la procura potrà procedere verso la chiusura delle indagini preliminari e l’eventuale richiesta di rinvio a giudizio.

In questa fase delicata dell’inchiesta, le parti civili chiedono il massimo riserbo e il rispetto del lavoro degli investigatori, evitando che il caso venga trasformato in una vicenda mediatica. La priorità, per tutti, resta quella di far emergere la verità sulle ultime ore di vita di Laura Papadia, in un contesto familiare segnato da conflitti profondi e incomunicabilità.

 

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