Spoleto: Cgil e Spi dell’Umbria, il diritto alla salute non può mai essere carità

La recente iniziativa del Comune di Spoleto in collaborazione con la Caritas, con il Vescovado e con la USL Umbria 2 rivolta a fornire visite specialistiche e prestazioni sanitarie a persone con redditi bassi, ci induce a porre più di un interrogativo.
La crisi di questi anni ha innalzato i livelli di povertà, decimato posti di lavoro, ampliato fortemente le fasce di popolazione che hanno bisogno di sostegno al reddito, e quindi ben vengano tutte le iniziative che possono servire ad aiutare le famiglie che non ce la fanno. Soprattutto se sono iniziative che provengono dai soggetti del volontariato (non ci è chiaro, infatti se c’è un coinvolgimento diretto dell’Azienda Sanitaria o se il Comune abbia affidato a terzi la gestione di una prestazione sociale).

Ma a ben vedere qui non si tratta di questo: infatti, tutti coloro che per qualsiasi motivo abbiano perso il lavoro, che siano in cerca di nuova occupazione, o che percepiscano pensioni sociali o al minimo hanno già diritto ad essere esentati dal pagamento del ticket e quindi ad avere prestazioni sanitarie gratuitamente.

Allora di che si tratta? Si pone il tema delle liste di attesa?
La CGIL e lo SPI dell’Umbria ritengono che le Aziende sanitarie e la Regione debbano fare molto di più per attuare il piano straordinario di contenimento delle liste di attesa annunciato a luglio e che ancora, per molti accertamenti diagnostici, non sembra vedere i suoi effetti.
E molto di più va fatto per realizzare quei servizi territoriali H 24, annunciati da tempo, che attraverso la medicina di iniziativa possano monitorare i cittadini affetti da patologie croniche e prevenire le malattie invalidanti, senza che queste persone debbano arrivare ad affollare il sistema delle prenotazioni.

Molte altre cose possono essere proposte.
Quello che non deve succedere è ipotizzare uno scambio tra diritto alla salute e carità.
Quello che non deve succedere è pensare ad un modello sanitario che vede le persone che possono farlo rivolgersi al sistema privato, che favorisca sempre di più l’assistenza sanitaria integrativa e che lasci ai meno abbienti attese lunghissime o soluzioni caritatevoli.
Se difendere lo spirito della legge 833 e pensare alla salute come un diritto per tutti significa essere nostalgici o conservatori, non abbiamo timore di dire che lo siamo.

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