
Domenico Valentini, la vecchia nuova priorità e l’emergenza coronavirus
L’Italia è dunque presso che paralizzata sotto l’incombere del contagio di questo inedito virus, che sembra esser insorto in una popolosa regione della Cina per poi dilagare, dove più dove meno, in tutto il mondo. “Coronavirus” molto temibile per la facilità di trasmissione e perché, essendo nuovo, ci trova sforniti di vaccini per prevenirlo e di farmaci realmente efficaci per curarlo. I casi più seri, per la gravità del contagio e per la debolezza dei soggetti colpiti, vengono concretamente trattati soltanto in ricovero con le terapie intensive, come dire con la respirazione assistita per soccorrere i polmoni colpiti in profondità.
Tutti siamo a rischio, alcuni di noi anche di più. Tutti dobbiamo innanzi tutto obbedire alle prescrizioni, nella speranza di non aver già subìto (ed aver cagionato) pregiudizio. In un Paese che per numero di soggetti attinti e di perdite di vite umane risulta secondo al mondo, dopo la sola Cina, almeno al momento in cui scriviamo. Sarà compito degli scienzati e dei sociologi evidenziare anche le ragioni di maggiore radicamento dell’epidemia nel nostro Paese, a partire da buona parte delle aree più settentrionali.
In una rubrica come questa, non sarebbe arbitrario esaminare anche i controluce politici e istituzionali di questa drammatica vicenda. Dall’alternanza di ispirazioni del “regime” dapprima ad allarmare, poi a tranquillizzare eccessivamente, poi di nuovo a proclamare l’emergenza; all’evidente preoccupazione del Governo di non risultare “commissariato” e non aprire spazi ad ipotesi di governi allargati d’emergenza e, specularmente, alla propensione delle controparti a determinarlo senza però chiederlo esplicitamente; all’assurda condotta dell’Unione Europea, perfino in circostanze gravissime come questa, prodiga di solidarietà verbale e di nessun atto di intervento eccezionale e concreto in nostro favore che non sia la “generosa” autorizzazione ad indebitarci massicciamente……Ma francamente nei frangenti che viviamo non siamo affatto inclini ad attardarci su questi aspetti. E’ il momento di dedicare ogni impegno individuale e collettivo a fronteggiare i pericoli per la salvezza delle persone (ed è meglio tacere della discriminazione raccapricciante che abbiamo sentito proporre tra malati che sarebbe utile curare e quelli le cui condizioni soggettive, specie anziani, sarebbe preferibile….lasciare!); nonché per la sorte sociale complessiva di una Patria, che per noi resta tale chiunque la stia governando.
Proprio in questo spirito, però, come non pensare – con recriminante tormento – a quante volte ci siamo sentiti dare dei retrogradi provinciali e passatisti, quando abbiamo contrastato la chiusura degli ospedali periferici e non metropolitani, o abbiamo chiesto che, costasse quel che costasse, i reparti dell’Emergenza-Urgenza veri e dotati rimanessero almeno in tutti gli Ospedali di medio livello. Troppi costi, ci si è risposto con sufficienza, e solo l’accentramento garantisce la qualità del servizio……Adesso che la priorità delle priorità è scongiurare la malattia o la morte di centinaia e centinaia di persone, che in fretta e furia dovremmo aprire reparti di rianimazione, con i macchinari e corredo necessari, e assumere convulsamente migliaia di sanitari con o senza specializzazione (e non sappiamo se ci riusciremo, perché non siamo i cinesi che costruiscono grandi ospedali in due settimane….noi siamo quelli che non ricostruiscono le zone terremotate neanche in venti anni), bene, adesso come vorremmo che ciascuno di noi – giovane o vecchio senza differenze, povero o benestante, del Centro, del Sud o del Settentrione – potesse contare su un potenziale posto di ricovero efficace in Emergenza di respirazione assistita, di un’assistenza civile e percepibile alle nostre famiglie….come vorremmo che fossero stati destinati fondi adeguati (alcuni Paesi lo fanno) alla ricerca scientifica per porla in grado di rispondere sollecitamente alle insorgenze! Come vorremmo, o no?, che non si fossero dirottati miliardi e miliardi su provvedimenti di assurda demagogia, da questo Governo senz’altro ma certuni anche dai precedenti, per poter disporre prontamente delle grandi risorse necessarie a munirci di questi presìdi!
E, dopo aver rimasticato, Costituzione post-bellica alla mano, gli slogans più petulanti ed egoistici sulle pretese di maggior autonomia delle Regioni, ci voleva l’emergenza sulla nostra pelle per farci capire che proprio nella vita collettiva moderna si richiedono Stati unitari e autorevoli nelle loro decisioni sulle questioni urgenti e gravi o più importanti, mentre l’autonomia ha senso e valore nell’amministrazione quotidiana, quella che non riverbera i suoi effetti sulla dimensione nazionale e sull’uguaglianza dei cittadini di fronte alle prestazioni e opportunità essenziali!
Ma nella fiducia che politici, intellettuali, cittadini benpensanti e giovanotti di belle speranze – almeno quelli che non antepongono a tutte le proprie aspettative quella dell’aperitivo – non tornino a ragionare o sragionare “progressisticamente” come prima non appena sarà passata, Dio voglia, questa emergenza, desistiamo da ogni ulteriore esternazione. L’isolamento di questi giorni, al di là del sacrificio, una cosa la sta forse ottenendo: farci capire come e fino a dove vanno sfruttate le potenzialità della comunicazione telematica; e dove dobbiamo riconquistare invece i più preziosi spazi dedicati a leggere, scrivere, pensare e darci cura di chi e cosa abbiamo intorno.
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